In nome del fanatismo sovranista – Ingegneria sociale e potere delle comunità – parte I


1 Cambia idea

Brittany Kaiser era lì sviluppatore aziendale di Cambridge Analytica, la società accusata di aver regalato a Donald Trump la vittoria delle elezioni presidenziali del 2016 utilizzando tattiche segrete microtargeting sui social network. Alexander Nix, l’amministratore delegato che l’ha assunta nel 2014 e licenziata nel 2018, sostiene in un’intervista a Mike Butcher (2017) che l’agenzia ha elaborato i dati di Facebook su 220 milioni di cittadini americani, rimuovendo le informazioni necessarie per profilare la propaganda personale pro-Trump . messaggi. Le confessioni di Kaiser, raccolte nel libro Mirata (2019), sono riassunte nell’attante “Non capivo, non sapevo, eseguivo gli ordini”, e sono considerate tra le rivelazioni più importanti delle “talpe” interne all’agenzia.

La questione che ha divertito la magistratura è legata al modo in cui Cambridge Analytica ha acquisito e conservato i dati degli utenti del social network. L’aspetto, invece, che sfida il talento ermeneutico di Kaiser, e che è interessante approfondire, è la presunta capacità della comunicazione digitale di cambiare le convinzioni delle persone, soprattutto nel mondo politico, grazie all’identificazione delle questioni a cui ciascun individuo è più sensibile, e di misurare una relazione influente tra amici. La “talpa” Kaiser deduce dalle dichiarazioni dei colleghi che Cambridge Analytica effettuava profilazioni psicometriche degli utenti, e amplificava messaggi che potevano dirottarne le scelte elettorali o commerciali in direzione opposta a quella spontanea. I sofisti fecero qualcosa di simile con l’arte dialettica, ma Platone e Aristotele non si considerarono talpe nel negare la loro tecniche.

2 Polarizzare le opinioni

Tuttavia, le dichiarazioni di Alexander Nix, riportate nel libro, inducono a ritenere che gli obiettivi dell’agenzia siano diversi, più coerenti con le tesi sull’efficacia dei social media, condivise da quasi tutti almeno dalla pubblicazione La bolla del filtro (2011) di Eli Pariser. Gli algoritmi di Facebook e piattaforme simili tendono a rinchiudere gli individui in una bolla autoreferenziale, riempiendo le loro bacheche di post di amici e messaggi pubblicitari che confermano la loro visione del mondo, ed escludendo sempre più contributi dissenzienti. Se questa teoria è corretta, non è chiaro come la rete sociale possa indurre trasformazioni nella concezione politica delle persone. Alexander Nix spiega che lo scopo di Cambridge Analytica era quello di stimolare l’entusiasmo dei sostenitori non richiesti del cliente-candidato, trasformandoli da spettatori ad attivisti della sua campagna; allo stesso tempo, ha cercato di raffreddare l’adesione dei gruppi di elettori “naturali” degli oppositori, riducendone la partecipazione alle iniziative di propaganda e abbandonando i seggi elettorali il giorno delle elezioni. Durante la competizione tra Donald Trump e Hillary Clinton, questo modello ha spostato l’attenzione sugli Stati Cintura di ruggineAmerica nordoccidentale dove il candidato repubblicano ha vinto la corsa per la Casa Bianca, compresi i lavoratori del settore manifatturiero, allarmati dalla crisi occupazionale, e dal raffreddamento del sostegno al suo avversario da parte delle comunità nere e LGBT.

Le campagne di comunicazione su Facebook sarebbero quindi efficaci nel modificare l’entusiasmo per una convinzione già consolidata, non nel cambiarla. Kaiser ha una reputazione impareggiabile per quanto riguarda le false dichiarazioni e la distrazione, ma quando si tratta di comprendere i veri effetti dei social media è in buona compagnia. Il 6 luglio 2021 la rivista PNAS ha pubblicato un saggio firmato da 17 ricercatori di biologia, ecologia e antropologia, in cui definisce lo studio dell’impatto su larga scala delle tecnologie sulla società come disciplina della crisi, o come campo di ricerca simile a quello adottato per proteggere alcune specie in via di estinzione, o per prevenire gli effetti peggiori del cambiamento climatico. Gli autori negano il fatto che le piattaforme digitali inneschino processi di controllo dei comportamenti collettivi, ma mancano informazioni dettagliate sui meccanismi che operano il controllo e sui metodi per misurarne l’efficacia.

Le preoccupazioni dei ricercatori riguardano fenomeni di massa come il movimento cospirativo QAnonnato sulla bacheca del forum 4chan.org e rilanciato sui social americani. Dall’ottobre 2017, una quota sempre più ampia di cittadini statunitensi, di orientamento conservatore, vivono in un mondo parallelo, con una storia amplificata da personaggi la cui identità resta nascosta sotto soprannome di un gioco di ruolo giocato su varie piattaforme online. L’esercizio ludico prevede la ricerca e la sovrainterpretazione dei simboli che sembrano criptati nelle espressioni dell’allora presidente Trump, nelle immagini dei politici rivelate da giornali e televisioni, negli “accenni” a presunti documenti segreti della CIA: un significato che viene rintracciato si riferisce ad un conflitto sotterraneo tra le forze del bene e i pericoli instaurati dai poteri forti che manipolano rappresentanti del Partito Democratico, giornalisti dei giornali più autorevoli del mondo, molte celebrità dello spettacolo, al fine di sottomettere il popolo americano e stabilire il dominio degli empi su tutto il pianeta. Agli oppositori di Trump vengono imputate anche tutte le forme di empietà che René Girard (1982) ha classificato tra le marche dei capri espiatori, rintracciandole in una narrazione culturale molto ampia, dai miti classici alle persecuzioni medievali: pedofilia, uccisione di bambini, cannibalismo, commercio con il diavolo.

3 mondi possibili e realtà aumentata

La notizia che circola di più e meglio è una struttura coerente che forma un mondo abitabile, anche quando la trama è un cartone animato per bambini come QAnon. I sofisti non sono arrivati ​​​​a questo punto; secondo Aubenque (1962) Platone e Aristotele potrebbero averlo fatto. ci sono mondo possibile popolato dalle migliaia di persone che affollano le manifestazioni di QAnon, dalle centinaia di migliaia che vedono e condividono post con hashtag, dai milioni che seguono i profili da cui vengono pubblicate le sue ambientazioni. Principalmente le informazioni circolano sotto forma di moduli mem (come sta accadendo ormai ovunque, dentro e fuori le campagne elettorali): post che mostrano un design perfetto per diffondersi senza attriti, che non vengono modificati durante i pezzi, seducono la fantasia e che non richiedono alcuno sforzo di lettura.

La barbara discesa in Campidoglio del 6 gennaio 2021, che mirava a impedire al Congresso di confermare l’elezione di Joe Biden, è stata organizzata da migliaia di account Twitter non affiliati a QA (Hamilton, 2021); ma già il 4 dicembre 2016 si presentò in pizzeria un ragazzo di ventotto anni del North Carolina Cometa Pong Pong da Washington per sparare personalmente ai democratici che (in il suo mondo) tenendo separati i bambini innocenti. Pizzagate è un’etichetta di cospirazione, parallela a Qanon, che mostra come la realtà online sia ormai traboccata dagli schermi dei computer, trasformando il software dei forum mondo dei fan nell’hardware, nel realtà aumentata loro vivono in fan stessi (in questo caso di Trump). Quando John Austin (1962) spiegava “come fare le cose con le parole”, non immaginava certo che le narrazioni spinte da un gioco di ruolo avrebbero assunto la potenza performativa di prescrivere un massacro, o raccontare storie del mondo dei fan di un presidente avrebbero ordito un colpo di stato in stile carnevalesco. Del resto ogni epoca ha le talpe e le rivoluzioni che merita: Atene ha avuto Platone e Pericle, noi il Kaiser e lo Sciamano.

Pensa che la gente pensi.

  • laureato in filosofia, si occupa di media digitali dal 1999: è cofondatore di Pquod e SocialGraph, società specializzate in comunicazione web e analisi dati. Contemporaneamente ha svolto attività didattica sui temi della comunicazione digitale per il Politecnico di Milano, per il Corep del Politecnico di Torino, per il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. Descrive i modelli cognitivi emergenti dei nuovi media nella monografia pubblicata nel 2010: Googlecracy. Dal febbraio 2011 la loro evoluzione è stata raccontata negli articoli pubblicati sui quotidiani Linkiesta, pagina99, Gli Stati Generali.

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