Si dice che divertirsi ti aiuti a rilassarti, a imparare più facilmente e persino a essere più creativo.
Sembra ormai assodato che il divertimento sia una parte fondamentale della vita quotidiana e sembra importante anche nella vita e nel lavoro degli scienziati.
Anche durante la ricerca scientifica è utile trovare il giusto intrattenimento, per poter “scoprire ridendo”.
Su questa linea di pensiero il Premio IgNobel, il riconoscimento che “il prestigio dei risultati della ricerca è così sorprendente che fanno prima RIDERE e poi RIFLETTERE”; Lo scopo del premio è “celebrare l’insolito, premiare l’immaginazione e coinvolgere il pubblico nella scienza, nella medicina e nelle tecnologie”.
La ricerca che porta alla vincita di questo ambitissimo premio – dieci vincitori ogni anno – è pubblicata sulla rivista fumetto-scientifica Annals of Improbable Research, che raccoglie studi su argomenti strani e inaspettati che dimostrano quanto gli scienziati si divertano a fare ricerca.
In questo post parliamo del premio IgNobel 2023, quello assegnato a Te Faye Yap, Zhen Liu, Anoop Rajappan, Trevor Shimokusu e Daniel Preston, “per aver rianimato ragni morti da utilizzare come strumenti meccanici di micro-presa”.
Faye Yap e i suoi colleghi sono bravi ingegneri con un pizzico di eccentricità; immaginiamoli dopo aver passato una giornata di lavoro “tra bulloni e viti” a costruire una mano robotica, che nota un ragno morto sulla scrivania e – probabilmente – pensa: “Ma non si potrebbe usare…”.
Cosa potrebbe farti pensare ad un episodio di Black Mirrorè il risultato di una ricerca genuina e sorprendentemente utile. Gli autori si sono ispirati alla fisiologia degli aracnidi, dando vita ad una branca della meccanica che potremmo definire necrobotica.
La necrobotica è l’unione tra biologia e robotica, dove parti di organismi morti vengono riutilizzati come componenti robotici. In questo caso i ricercatori hanno sfruttato le proprietà naturali del ragno per creare un dispositivo di presa micromeccanico.
I ragni muovono le zampe attraverso un sistema idraulico: pompando emolinfa nel loro esoscheletro, le zampe si allungano e quando la pressione diminuisce si contraggono. Dopo la morte il sistema idraulico del ragno non funziona più, ma la struttura meccanica rimane intatta. Inserendo un ago nel prosoma (la parte anteriore del corpo del ragno) e utilizzando una piccola quantità di aria pressurizzata, i ricercatori sono riusciti a controllare l’apertura e la chiusura delle zampe, trasformando il ragno in una tenaglia naturale.
Figura 1 – Un esempio di creazione di una mano di ragno
(immagine tratta dall’articolo di Te Faye Yap, Zhen Liu,
Anoop Rajappan, Trevor Shimokusu e Daniel Preston)
Questo sistema si è rivelato sorprendentemente efficace: il ragno “cyber-zombificato” può afferrare oggetti fino a 130 volte il proprio peso.
Si possono immaginare applicazioni nella microingegneria o in situazioni in cui sono richiesti strumenti delicati e biodegradabili.
Figura 2 – Esempi di utilizzo della mano di ragno
(immagine tratta dall’articolo di Te Faye Yap, Zhen Liu,
Anoop Rajappan, Trevor Shimokusu e Daniel Preston)
Sfortunatamente, la durata funzionale del morsetto a ragno era limitata a circa due giorni dopo la morte del ragno, a causa della disidratazione che rendeva le articolazioni più fragili e suscettibili a fratture meccaniche nel tempo.
A cosa può servire concretamente questa ricerca?
Questa tecnologia potrebbe essere utilizzata nell’assemblaggio di componenti microelettronici o per catturare gli insetti nel loro habitat naturale. La pinza a ragno, infatti, è in grado di afferrare oggetti delicati e con geometrie specifiche, come solo un aracnide sa fare. È inoltre possibile modulare la forza di presa variando la pressione applicata, per applicazioni che richiedono forze dell’ordine delle decine o centinaia di micronewton.
Lo studio della forza di presa di ragni di diverse dimensioni o specie potrebbe portare a una comprensione più profonda della relazione tra le dimensioni del ragno e la forza utilizzata. Il lavoro futuro potrebbe includere l’esplorazione di metodi di rafforzamento per migliorare la durata e la resistenza delle pinze necrobotiche, magari con qualche trattamento antietà per mantenere le articolazioni ben lubrificate.
Questa innovazione è la prova che possiamo imparare molto dalla natura aiutandoci a migliorare le tecnologie attuali.
In effetti, la progettazione e la produzione di robot tradizionali spesso comporta processi complessi e noiosi. Tuttavia, la necrorobotica evita gran parte del processo di produzione incorporando componenti robotici all’interno di materiali biologici (e anche locali) – o viceversa.
Un altro elemento da considerare è che le applicazioni necrobotiche sono realizzate principalmente con materiali biodegradabili e, quindi, non contribuiranno al crescente flusso di rifiuti tecnologici, il che rappresenta un passo significativo verso l’ecosostenibilità.
DUE COLLEZIONI, ENTRAMBI I LATI DELLA MEDAGLIA
In conclusione, da un lato appare chiaro che il divertimento e la meraviglia debbano essere accolti nei laboratori di ricerca e che questi possano portare stimoli e idee tanto belle quanto utili per quella che Latour definisce tecnologia.
D’altra parte, questa storia ci ricorda che “la natura” e gli animali considerare inferiore – in questo caso i ragni – vengono ancora utilizzati per scopi di ricerca e di innovazione tecnologica prescindendo completamente dalla loro possibile soggettività e dalla loro capacità di vivere e sentire in modo complesso: «La materia biologica grezza (i cadaveri dei ragni) praticando l’eutanasia mediante esposizione a temperature glaciali (circa – 4°) per un periodo di circa 5-7 giorni”.
BIBLIOGRAFIA
Te Faye Yap, Zhen Liu, Anoop Rajappan, Trevor J. Shimokusu, Daniel J. Preston. Necrobotica: materiali biotici come attivatori pronti all’uso. DOI: https://doi.org/10.1002/advs.202201174. Link diretto allo studio: