Due settimane fa, parlando della FAO e del dibattito sulle misure più efficaci per contenere le emissioni di gas serra, avevamo evidenziato un possibile conflitto tra l’obiettivo di ridurre significativamente la CO2 immessa nell’atmosfera e la missione della stessa FAO di garantire a tutti un’elevata qualità sufficiente. cibo.
Nel senso della FAO, infatti, l’ cibo di alta qualità è rappresentato principalmente da proteine che provengono da animali e, quindi, ridurre le emissioni di CO2 che provengono dagli allevamenti intensivi significa fornire un meccanismo di approvvigionamento per una parte importante del cibo di alta qualità.
Questa tensione tra i due obiettivi dimostra come, spesso, i problemi scientifici (come ridurre la produzione di CO2 Certamente è problema scientifico) nascondono una dimensione politica e, quindi, scelte morali [1].
In questo caso, esaminando più attentamente i termini del dibattito, diventa chiaro che ci sono almeno quattro obiettivi politici e morali in tensione tra le due parti:
- Riduzione della CO2 Anche riducendo drasticamente l’industria della carne [2]che si riferisce all’esigenza morale di “salva il pianeta“,
- La garanzia che tutti ne abbiano abbastanza cibo di alta qualitàche si riferisce all’esigenza morale di “salvare gli esseri umani“della fame e degli effetti negativi derivanti da un’alimentazione insufficiente o troppo povera,
- Tutelare l’economia e l’occupazione degli ambiti sociali in cui operano i produttori di carne, la cui esigenza morale può riassumersi in “garantire lavoro e sostentamento“,
- L’attenzione alla vita e al benessere degli animali non umani è importante per una sensibilità sempre più ampia il cui punto di riferimento morale è “non uccidere né far soffrire tutti gli animali“.
In modo molto schematico e semplificato, la tensione tra le 4 cause morali appare abbastanza chiara se si considerano gli effetti della riduzione dell’allevamento:
- Ridurre significativamente l’allevamento del bestiame (e la CO2 che esso produce) può creare crisi economica e disoccupazione, almeno nel breve termine e, allo stesso tempo, ridurre la disponibilità cibo di alta qualità per chi ne ha bisogno
- il mantenimento continuativo delle aziende agricole con la conseguente stabilità economica e occupazionale – tuttavia – può impedire il raggiungimento degli obiettivi di limitazione della CO2 e (senza Potere) causando morte e sofferenza a milioni di animali non umani (bovini, ovini e suini)
A queste 4 esigenze morali vanno aggiunti il rispetto e la continuazione delle tradizioni, comprese quelle alimentari, che spesso prevedono il consumo di carne, sia abituale che anche con tono rituale (ad esempio, il Sunday Roast in Gran Bretagna, il capitone a Natale e agnello a Pasqua in Italia, tacchino per il Ringraziamento negli Stati Uniti ecc.), che complica ulteriormente il quadro.
Questo contrasto in termini di obiettivi mostra chiaramente come, dietro una questione scientifica (il maggiore o minore valore della CO2 proveniente dagli allevamenti), occorrano fare delle scelte morali, per decidere quali priorità assegnare alle diverse opzioni e obiettivi, per di più importante, quale valore dovrebbe essere posizionato in cima alla scala.
E, ancora una volta, dimostra che le scienze e il lavoro scientifico che non sono neutrali mamma
- influenzato da questioni sociali, politiche e morali; la ridotta interpretazione del tasso di CO2 associato all’agricoltura intensiva, in questo caso, potrebbe essere stata influenzata da considerazioni economiche, occupazionali e alimentari
- politicamente e socialmente attiva; in questo caso, ancora una volta, la lettura della FAO ha indirizzato l’agenda politica e ambientale in una direzione diversa da quella di riduzione dell’allevamento di animali da carne.
È opportuno quindi non credere alla presunta oggettività e neutralità della scienza ma – riconoscendone l’importanza per la vita di tutti e senza cadere in forme di critica distruttiva – prestare attenzione alle implicazioni sociali, politiche e morali che esse suggeriscono.
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Inoltre, a ben guardare, ci sono questi contrasti tra esigenze morali che, prese una per una, sono tutte molto accettabili (chi non vuole salvare la Terra? E chi non vuole eliminare la fame dal mondo? E chi non vuole eliminare la fame dal mondo? chi si opporrebbe ad un’economia prospera con meno disoccupazione? A chi piace vedere soffrire e morire animali innocenti?) sono ben rappresentati tra gli organismi sovranazionali che, in particolare, riferiscono alle Nazioni Unite:
- la FAO – la cui missione è garantirli cibo di qualità sufficiente per tutti
- UNEP – che lavora per proteggere l’ambiente e la sostenibilità
- il WOAH – che si occupa della salute e del benessere degli animali non umani
- l’ILO, un’organizzazione internazionale del lavoro, con l’obiettivo di creare maggiori opportunità di lavoro e un reddito dignitoso
- La Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale – che dovrebbero impegnarsi a garantire uno sviluppo giusto ed equilibrato per tutte le nazioni
Organismi e obiettivi in tensione o anche in parziale conflitto tra loro. Come possiamo, allora, conciliare le agende? [3] così diversi tra loro?
Un primo passo potrebbe essere quello di abbattere una sorta di tabù, ovvero riconoscere la cibo di alta qualità con carne animale seguendo, ad esempio, le linee guida EAT – Lancet Report, che individuano modalità alternative (e spesso costose) di un’alimentazione ricca e completa. Se la FAO adottasse questa posizione, uno dei termini dell’obiezione verrebbe eliminato.
Un secondo passo potrebbe essere, come conseguenza del primo, l’adozione di una politica di progressiva trasformazione dell’economia zootecnica in un’economia di produzione e trasformazione di cereali destinati al consumo umano, con misure di sostegno ecofinanziario da parte della Banca Mondiale, e con risultati efficaci per la protezione dell’ambiente (meno CO2), il benessere degli animali umani (meno rischi cardiaci) e degli animali non umani (meno sofferenze e morti).
Inoltre, per evitare la difficoltà di armonizzare le politiche globali, potrebbe essere opportuno focalizzare gli interventi sugli ambiti microeconomici e ambientali, dove si possono indirizzare misure per contenere in modo mirato le emissioni di CO2 e interventi di trasformazione ambientale, alimentare e produttiva. supportare in modo più efficace creando esperienze pilota e buone pratiche da diffondere.
Sempre con uno sguardo attento al rapporto tra scienza, società, morale e politica, e con l’orecchio aperto alle istanze minoritarie – anche scientifiche – che possano favorire innovazione e soluzioni meno scontate.
NOTA
[1] In un modo molto semplice, possiamo definire scelta morale una scelta fatta consapevolmente sulla base di esperienze, convinzioni e scale di priorità e valori. Infatti per fare queste scelte utilizziamo ciò che sappiamo, ciò che abbiamo sentito, ciò che ci è stato insegnato sia che la scelta ci faccia bene o male; per sapere se ciò che accade sarà per noi un bene o un male, utilizziamo l’esperienza del piacere e del dolore; per discernere tra piacere e dolore utilizziamo una scala di valori, cioè una classifica di ciò che fa più bene o più male.
[2] Soprattutto bovini, cfr. Percorsi per ridurre le emissioni. Una valutazione globale delle emissioni di gas serra e delle opzioni di mitigazione derivanti dai sistemi agroalimentari zootecnici, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, Roma, 2023, ISBN 978-92-5-138448-0, si può scaricare qui, p. 12
[3] Qualcosa, in questo senso, è stato fatto: è ONE HEALTH, un approccio integrato alla salute umana, animale e ambientale, che comprende FAO, OMS e WOAH, e che – per ora – comprende un gruppo trasversale di esperti costituito in 2021 con l’obiettivo di sviluppare una visione olistica sulla salute e l’ambiente e fornire consulenza in materia alle Agenzie che la compongono. Questo approccio, tuttavia, sembra concentrarsi fortemente sulla protezione della salute umana.