Poiché il lavoro a distanza è entrato prepotentemente nella vita di molti lavoratori, sono sorte molte domande sul ruolo della tecnologia, non solo nello svolgimento di diverse mansioni, ma soprattutto nell’evoluzione dei meccanismi di controllo a disposizione dei datori di lavoro.
L’esperienza del lavoro da remoto in situazioni di crisi è avvenuta in un periodo storico già fortemente caratterizzato dalla pervasività delle tecnologie informatiche in molti ambiti della nostra vita quotidiana (servizi, media, sanità, istruzione…). E se è vero che il tema del controllo non è nuovo (ha sempre avuto un ruolo importante nella sociologia del lavoro e delle organizzazioni), è anche vero che siamo in un’epoca in cui il controllo dei lavoratori e dei cittadini in generale era crescente e sempre più visibile.
Ci siamo quindi chiesti se l’accelerazione tecnologica che ha accompagnato il passaggio al lavoro da remoto durante il periodo pandemico avrebbe potuto rappresentare un’ulteriore opportunità per estendere forme pervasive ed estrattive[1] del controllo sui lavoratori, nel suo lavoro sul capitalismo di sorveglianza.
Tuttavia, la direzione del rapporto tra tecnologia e management non è predeterminata[2]: l’impatto che l’introduzione delle tecnologie ha sull’organizzazione del lavoro non è univoco ma si situa all’interno dei contesti culturali, organizzativi e organizzativi in cui le tecnologie vengono utilizzate e, una profonda ambiguità è inerente alle tecnologie dell’informazione[3]: «L’informatica offre continuamente nuove possibilità per la riduzione in schiavitù della persona, nonché opzioni per la sua liberazione» e i risultati che l’introduzione di una tecnologia specifica può produrre in termini di qualità e organizzazione del lavoro “e un’altra questione di scelta. “
Se la tecnologia può da un lato “liberare” il lavoratore da alcuni vincoli spazio-temporali, aumentare l’autonomia e ridurre la partecipazione ad operazioni pericolose, dall’altro molte delle tecnologie utilizzate diventano più pervasive e pongono le basi per un crescente controllo. controllare.
Non è infatti la tecnologia in sé a determinare il progresso nella gestione, ma semmai il modello economico sottostante che definisce obiettivi volti a estrarre valore dall’esperienza personale quotidiana, anche monitorando attentamente il comportamento dei dipendenti.[4].
Di fronte a queste domande si è tentato di indagare questo argomento in un contesto di ricerca[5] iniziato durante le restrizioni agli spostamenti imposte dalla pandemia di Covid-19.
Per provare a valutare come il lavoro a distanza nella sua forma urgente possa aver influenzato le modalità di gestione, siamo partiti dalla letteratura organizzativa classica[6] che individua tre tipologie di gestione: a) supervisione diretta e gestione gerarchica; b) gestire i risultati secondo un approccio oggettivo al lavoro; c) controllo sugli input, attraverso l’internalizzazione delle norme e dei valori dell’organizzazione da parte dei dipendenti.
Queste tre tipologie di controllo, applicate ad una situazione urgente di smart working – in modo rapido, spesso senza pianificazione o consultazione – hanno mostrato diverse possibilità di controllo remoto, e un diverso rapporto con la diffusione delle tecnologie digitali.
Il nostro lavoro, quindi, ha avuto l’obiettivo di ricostruire, a partire dall’esperienza dei dipendenti, i sistemi messi in atto dalle organizzazioni per coordinare le attività svolte a distanza, come è cambiato il controllo esercitato sul lavoro a distanza e quale ruolo hanno giocato le tecnologie digitali.
I risultati[7] erano almeno in parte diversi da quanto ci saremmo aspettati.
Innanzitutto, la maggioranza dei dipendenti dichiara di non notare differenze nella gestione del lavoro da remoto piuttosto che in presenza: quasi l’80% degli intervistati ritiene che controllo In “Sono rimasto uguale”. Sono però emerse alcune differenze tra gli intervistati. Prevalentemente coloro che svolgono compiti esecutivi nel lavoro d’ufficio dichiarano un aumento della percezione del controllo, mentre coloro che svolgono professioni intellettuali o nel commercio e nei servizi alla persona dichiarano più spesso che il livello di controllo percepito diminuisce.
Questi dati suggeriscono di guardare con maggiore attenzione agli effetti che il lavoro a distanza può avere sulle diverse attività che possono essere svolte a distanza, e sugli strumenti a loro disposizione ed effettivamente utilizzati dalle organizzazioni.
Cominciamo vedendo quali sistemi di gestione sono emersi dalla nostra indagine.
La paura del controllo attraverso gli strumenti digitali si riferisce spesso all’utilizzo di software specifico per il monitoraggio dei dipendentii, che permette al manager di osservare le attività svolte con il personal computer, di registrarne la cronologia, talvolta anche i movimenti del mouse. Dalla nostra indagine emerge però che questi strumenti vengono utilizzati in modo molto limitato: solo il 7% del campione dichiara di avere in uso programmi di questo tipo.
I sistemi di controllo più diffusi sono i programmi utilizzati per registrare le presenzeutilizzato per sostituire la timbratura del cartellino. Un’alternativa alla timbratura online è quella di inviare resoconti giornalieri o settimanali che tengano conto del lavoro svolto e che comprendano quasi un terzo degli intervistati.
Tuttavia, i meccanismi formali di controllo dei tempi, dei metodi o dei risultati del lavoro non esauriscono la questione dei processi organizzativi dedicati al controllo del lavoro del personale.
Durante la ricerca, ad esempio, l’uso frequente di programmi che permettono di vedere lo “status” di una persona.che può essere ad esempio “presente”, “assente”, “occupato” o “non attivo”. Si tratta di software finalizzati principalmente all’interazione in tempo reale, come Skype, Meet o Teams, che offrono allo stesso tempo quello che risulta essere un ulteriore meccanismo di controllo. La gestione in questo caso non avviene necessariamente da parte del manager, del capo o del supervisore, ma può assumere anche una direzione “orizzontale”, e quindi avviene tra pari, tra colleghi. La stessa cosa accade quando vengono utilizzati programmi per la condivisione di documenti onlinecome Google Drive, Dropbox o, per le scuole, Classroom, utilizzato da oltre la metà del campione. Anche in questo caso si tratta di tecnologie indispensabili per la ripetizione a distanza delle diverse tipologie di collaborazione avvenute in presenza. Allo stesso tempo è una forma di visualizzazione che permette a chiunque acceda al documento di tenere traccia di ciò che viene fatto dai diversi membri con cui interagiscono. In questo senso, questi strumenti di collaborazione digitale diventano anche meccanismi di controllo implicito, di tipo verticale o orizzontale.
Questi ultimi esempi ne sono indicatori il significato e il ruolo delle tecnologie non sono inerenti agli strumenti, ma sono costituiti dal loro utilizzo. Un programma pensato per la comunicazione diretta può diventare uno strumento di gestione da parte di un manager o, più spesso, di cogestione tra dipendenti, spesso senza essere percepito come tale da chi lo utilizza.
I sistemi di gestione che abbiamo descritto vengono utilizzati in modo diverso dalle diverse categorie di dipendenti. Possiamo quindi aspettarci che l’intensificazione del controllo attraverso le tecnologie porterà a risultati diversi per le diverse categorie di lavoratori.
Per loro professioni attivele tecnologie tendono a replicare le tipologie di controllo attive nel lavoro in presenza (registrazione delle presenze, report sulle attività svolte, controllo della quantità di lavoro svolto a fine giornata/settimana/mese). In alcuni casi, l’utilizzo di software per il monitoraggio puntuale del dipendente può aumentare il senso di supervisione diretta e con esso lo stress (ma abbiamo visto che si tratta di pratiche relativamente poco diffuse).
Nella nostra ricerca è emersa spesso l’idea che non vi è alcuna necessità di una gestione (diretta) perché il supervisore “si fida” del dipendente.
A nostro avviso, questo riferimento alla fiducia comprende, oltre al riferimento ai rapporti personali, la tranquillità che deriva dalla certezza che il lavoratore agisce secondo le regole standard apprese sul posto di lavoro. La domanda che si pone per immaginare il futuro del lavoro a distanza è quindi legata ai sistemi di riproduzione di questi meccanismi di formazione e trasmissione delle norme (e dei valori) aziendali. I processi di reclutamento nelle aziende che utilizzano ormai regolarmente il lavoro a distanza hanno evidenziato la necessità di prevedere periodi più intensivi di lavoro personale durante i periodi di onboarding, proprio perché è difficile ripetere alcune modalità di acquisizione delle conoscenze che non sempre è possibile formalizzarle.
Per loro professioni intellettualicoinvolgendo invece l’interazione e il lavoro di gruppo, le tecnologie digitali possono far emergere il controllo orizzontale tra colleghi, rendendo qualsiasi attività visibile a tutti squadra. A ciò si aggiunge il fatto, come ormai sottolineano molte ricerche, che la maggiore autonomia nella gestione del tempo porta di fatto ad un aumento delle ore lavorative, nonché ad una maggiore “porosità” tra la vita, il lavoro tende a invadere momenti tradizionalmente riservati agli altri. attività. L’insieme di queste dinamiche può portare a nuove forme di “autosfruttamento” da parte dei lavoratori, a causa di quello che è stato definito il “paradosso della flessibilità”: invece di fornire maggiore libertà e autonomia, la flessibilità produce infatti una tendenza ad una crescente autofissazione . velocità e tempi di lavoro.
Per ulteriori informazioni si veda Goglio V., Pacetti, V., Tecnologia e gestione nel lavoro a distanzain “Meridiana: giornale di storia e di scienze sociali”, n.104, 2, 2022, 47-73.
NOTA
[1] Per utilizzare i termini identificati da Zuboff, Zuboff, S. (2019). L’era del capitalismo della sorveglianza: la lotta per il futuro umano sulla nuova frontiera del potere (Prima edizione). Affari pubblici.
[2] Vedi il contributo di Gasparini
[3] Gallino, L. (2007). Tecnologia e democrazia: la conoscenza tecnica e scientifica come bene pubblico. Einaudi.
[4] Vedi Zuboff, kit. nota 1
[5] La ricerca è iniziata nell’aprile 2020 con un ampio piano di interviste in profondità (189 intervistati, di cui la metà intervistati una seconda volta circa 8-10 mesi dopo), seguito da un questionario di indagine (circa 900 risposte) nel 2021.
[6] Mintzberg, H. (1989). Mintzberg sul Management: dentro il nostro strano mondo delle organizzazioni. Libero professionista.
[7] Goglio, V., & Pacetti, V. (2022). Tecnologia e gestione nel lavoro a distanza. Meridiana, 104, 47–74.
[8] Rivedi Zuboff, kit. nota 1