Il lettore più attento e frettoloso avrà notato che la risposta è già contenuta nel titolo. Nonostante sia perfettamente sintetico, entrambi, anche i più frettolosi, vedremo che la risposta è troppo breve e quindi ci interesserà capire il motivo di questo “Sì”.
Questa evidenza proviene da una serie di studi iniziati negli ultimi anni del XX secolo e sviluppatisi durante il primo decennio del XXI.
La prima prova dell’inizio inaspettato di una nuova era glaciale fu uno studio diretto dal paleoclimatologo William Ruddiman che includeva i meteorologi John Kutzbach e Steve Vavrus.
Hanno cercato e trovato – grazie a un modello matematico di simulazione realizzato dal climatologo Larry Williams negli anni ’70 – conferma di ciò che il geologo John Imbre aveva scoperto negli anni ’80: l’ultimo periodo interglaciale doveva essersi concluso tra 6.000 e 5.000 anni fa.
Questo modello di comportamento climatico è stato stabilito escludendo, tra i fenomeni che influenzano la transizione tra periodi glaciali e interglaciali, le emissioni irregolari di gas serra, iniziate quasi esattamente contemporaneamente alla fine dell’ultimo periodo interglaciale.
Secondo i risultati del modello, da quel momento in poi i ghiacciai avrebbero dovuto iniziare a crescere gradualmente, a causa di un raffreddamento globale medio di 2°C (tanto in soli 6-5.000 anni) e il punto di raffreddamento sarebbe avvenuto maggiormente verso nord. Baia di Hudson, raggiungendo un calo medio invernale di 5-7°C.
Tuttavia, ciò non è avvenuto.
Ancora più precisamente, lo studio ha rivelato che una condizione di glaciazione inizialecioè la presenza di un manto nevoso permanente, rispetto alla sua attuale assenza per 1-2 mesi ogni estate.
Inoltre, in questi giorni, avremmo dovuto assistere a qualcosa di simile sull’altopiano del Labrador, penultimo luogo dove si sciolsero i ghiacciai dell’ultima glaciazione; la prima è stata l’isola di Baffin.
Lo studio suscitò sia consensi che critiche, queste ultime spingendo Ruddiman a svolgere ulteriori indagini che portarono allo studio di una glaciazione avvenuta 400.000 anni fa, che introdusse variazioni nella radiazione solare e nelle emissioni naturali di gas serra simili a quelle odierne.
L’analisi dettagliata ha confermato quanto previsto dallo studio precedente e mai avvenuto perché interferito cinque millenni fa: una progressiva diminuzione fino a valori minimi della concentrazione in atmosfera di metano (CH₄) e anidride carbonica (CO2).
In sostanza, questi ulteriori studi hanno riaffermato quanto ipotizzato: siamo oggettivamente all’interno di un periodo glaciale, ma c’è un ritardo climatico. La causa del ritardo è principalmente dovuta alla concentrazione anormalmente elevata di gas serra.
PERCHÉ “PROPOSTO” L’INIZIO DI UNA NUOVA ERA GLACIALE?
Se nel brevissimo termine, anche di poche ore, è difficile prevedere localmente quale sarà il comportamento meteorologico, ciò può, tuttavia, essere fatto per il comportamento climatico globale su periodi più lunghi di decine e centinaia di migliaia di anni.
In effetti, i paleoclimatologi hanno scoperto da tempo l’esistenza di veri e propri cicli climatici. Sono stati in grado di farlo incrociando dati geologici e paleontologici (soprattutto provenienti dai nuclei oceanici) con dati chimici (la presenza di molecole e atomi con isotopi specifici presenti nel ghiaccio e nei sedimenti fossili dei fondali marini) insieme alle leggi astronomiche terrestri ormai note. offerte chiamate “millennials”.
Su quest’ultimo possiamo basare l'”obiettività” che cercavamo.
MOVIMENTI MILLENNI DEL PIANETA TERRA.
Se lui il moto orbitale della Terra attorno al Sole fa sì che le stagioni cambino in circa 365 giorni, i cosiddetti “periodi” glaciali e i periodi interglaciali, fenomeni di durata molto più lunga, sono principalmente il risultato della variazione della quantità di radiazione solare ricevuta dal Pianeta, dovuta a tre movimenti che la Terra compie in decine di migliaia di anni.
1. Il primo è quello dil’oscillazione dell’asse di rotazione terrestre: scoperta dal matematico e astronomo francese Urbain Jean Joseph Le Verrier nel XIX secolo, è una lenta variazione dell’angolo di inclinazione dell’asse, che completa il suo cerchio oscillante tra 22° 20′ e 24° 50′ in circa 41.000 anni.
Influisce direttamente sulla quantità di radiazione solare che raggiunge le latitudini più elevate del pianeta (da 45°N in su).
In termini più semplici: minore è il grado di inclinazione dell’asse terrestre, minore è la quantità di radiazione che ricevono i poli terrestri, quindi più basse saranno le temperature del clima terrestre e viceversa.
Attualmente l’inclinazione è di circa 23° 50′, in fase di risalita verso la pendenza minima.
I restanti due moti influenzano invece la variazione della distanza della Terra dal Sole, che in termini empirici corrisponde alla sensazione che possiamo provare in inverno quando variamo di pochi centimetri la nostra distanza dal diffuso termosifone (i più freddi sanno benissimo come pochi centimetri sono la differenza tra felicità e sofferenza).
2. L’ampiezza dell’orbita del Pianeta attorno al Sole: varia in un ciclo di circa 100.000 anni ed è quel fenomeno per cui l’orbita terrestre tende ad essere ellittica e si avvicina solo ad un’orbita circolare (l’eccentricità del cerchio è pari a 0).
Scoperta anche da Le Verrier, questa variazione influisce sulla distanza media che il Pianeta mantiene rispetto al Sole (ripensa alla tua distanza dal termosifone nei giorni dell’inverno e alla gelosia che provavi nei confronti dei compagni di classe o dei colleghi che gli erano più vicini durante tutta la giornata).
Le sue oscillazioni periodiche sono molto più irregolari di quelle dell’asse terrestre e attualmente si attestano a 0,0167, in un intero intervallo di variazione compreso tra il valore minimo di 0,0033 e il valore massimo di 0,0671. In pratica parliamo di variazioni nell’ordine di milioni di chilometri di differenza di distanza dalla fonte di calore che è il Sole.
3. Infine abbiamo il moto di precessione, con il ciclo più breve di 25.000 anni, cioè il moto conico dell’asse di rotazione terrestre dovuto all’attrazione tra la Luna e gli altri pianeti.
Scoperto nel XVIII secolo dal famoso enciclopedista francese Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert, questo fenomeno è meno intuitivo da immaginare e viene spesso spiegato con il movimento di una trottola, che non solo gira su se stessa ma ha anche un movimento che porta a dondolarsi e inclinarsi da un lato all’altro: il movimento del precursore.
Sono noti anche gli effetti che queste proposte avranno sul clima Cicli di Milankovićprendono il nome dall’ingegnere e matematico serbo Milutin Milanković che li teorizzò e studiò agli inizi del XX secolo.
CONCLUSIONI
Anche se il clima è il risultato di un sistema complesso le cui variabili producono tanti complessi meccanismi di feedback, in generale possiamo immaginare che la regola valga per tutti i fenomeni che modificano per lungo tempo il comportamento della radiazione solare ricevuta dalla Terra. sicuramente a lungo termine per il clima globale del Pianeta; tuttavia, i suoi effetti si manifesteranno sempre con un leggero ritardo.
Il rapporto tra i vari movimenti millenari determina quindi, oltre alla ricorrenza dei periodi glaciali, anche l’intensità con cui essi si ripeteranno ciclicamente.
I dati raccolti dai paleoclimatologi ci rivelano inoltre che la storia dei ghiacciai è in realtà molto recente. La Terra si sta raffreddando lentamente da 3 milioni di anni, con la comparsa dei primi ghiacciai, solo stagionali, risalenti a circa 2,75 milioni di anni fa nelle regioni settentrionali del Pianeta.
Tuttavia, il permafrost iniziò ad esistere “solo” 0,9 milioni di anni fa.
Nell’arco di decine e centinaia di migliaia di anni, il clima globale è quindi prevedibile grazie ai modelli fisici ed astronomici confermati dagli studi di geologi, paleologi e paleoclimatologi: siamo certi, anche basandoci interamente sulla proposta della precessione, che siamo già all’inizio di una nuova era glaciale – che non è mai iniziata.
Questo inizio inaspettato è quasi certamente dovuto alle emissioni nell’atmosfera dei cosiddetti “gas serra” che, come ormai accettato da quasi tutte le comunità scientifiche, non consentono la naturale dissipazione della radiazione solare ricevuta dal pianeta. che invece continua a scaldarsi.
Secondo i modelli climatici, inoltre, questi gas sarebbero dovuti diminuire anziché aumentare, impedendo l’innesco del feedback positivo e naturale che scatenerà la successiva glaciazione.
Stiamo ritardando la prossima era glaciale? SÌ.
PER ULTERIORI INFORMAZIONI
William Ruddiman, “L’aratro, la peste, il petrolio – L’impatto umano sul clima”, UBE Libro in brossura, 2015
William Ruddiman, “Il clima terrestre”, Freeman, 2001