Il contagio corre su internet – Le malattie trasmissibili dei social


Malinconia

Secondo Agamben (1979) non ci sono mai stati così tanti fantasmi in giro per l’Europa come nel Medioevo. Il problema non è riconducibile alle superstizioni dell’epoca, ma alle regioni più alte della scienza del periodo scolastico: all’immaginazione e ai suoi prodotti, alla fantasmi, gioca un ruolo centrale nella teoria dell’informazione. Le immagini sono quelle che i sensi catturano della realtà, ma compito dell’immaginazione è conservarle e svilupparle nel sistema di specchi che trasmette la parte più spirituale della razionalità, cioè speculativo. Il Medioevo era, quindi, più ossessionato dall’immagine del nostro tempo; elaborò anche una squisita meditazione sull’ossessione, tanto che l’idea stessa di “idea fissa” deve sé stessa ai concetti medievali di “melanconia”, e al potere degli spiriti intermedi (o demoni) di imprimere un immagine nell’immaginazione senza permettergli più di concentrarsi su nessun’altra figura. La sua meta non esiste, ma questa evidenza non gli impedisce di sbarrare la strada verso la propria realizzazione, che è l’imitazione di Cristo, e di riconoscere la vera felicità, che è Dio.

Ci sono fibre di isolamento

Testi di Leslie Jamison – Test di empatia – mostra che, nell’età moderna, le immagini continuano a essere fissate allo stesso modo, con la sola differenza che l’agente non è più un demone ma Internet, e il gioco degli specchi comprende anche altri soggetti che condividono la stessa monomania, e chi, con la loro approvazione, rende l’ossessione abitabile, oggettiva, indicibile, meglio di quanto potessero fare i vecchi fantasmi.

Tra i fantasmi descritti da Jamison, due evidenziano meglio il carattere autodistruttivo dell’ossessione: due malattie che colpiscono soprattutto le donne, due epidemie che hanno cominciato ad espandersi dopo il 2001 e hanno trovato nei canali Internet il principale veicolo, anche se con due modalità completamente diverse. destino.

Il primo dei due fu battezzato su un forum online da Mary Leitao, biologa tecnica di laboratorio, che lo definì “morbo di Morgellons”, basandosi sui sintomi elencati in una rivista medica francese del XVII secolo. Una dermatite, che può provocare anche dolore e infiammazione, e che costringe il paziente a grattarsi fino alle escoriazioni, è l’anamnesi della malattia di cui soffre anche il figlio di Leitao, e che nessun medico è riuscito a ridurre a una diagnosi convincente. Nelle lesioni provocate dallo sfregamento per alleviare il prurito, come aveva previsto Thomas Brown esaminando i ragazzi (i «Morgellons») della Linguadoca, il biologo trovò fibre sottili e grani scuri. A questi corpi estranei va attribuita l’infezione e lo sviluppo di tutto l’insieme delle sofferenze associate; ma la rivelazione che la filologia consegnò a Leitao rimase una scoperta malinconica, una verità che fu rifiutata e denunciata come eretica dalla comunità medica. Secondo la scienza istituzionale le cause della malattia risalgono alla sindrome di Münchausen per delega», una reazione autoimmune ipertrofica causata da paranoie di varia natura, insieme al bisogno di attenzione.

Dalla metà degli anni 2000, la Charles Holman Foundation convoca una volta all’anno ad Austin, presso la chiesa di Westoak, i pazienti del Morgellons che si sentono traditi dalla medicina ufficiale, per sviluppare conversazioni tra pazienti e ricercatori. Quando Jamison prese parte all’evento nel 2012, incontrò persone con un’immagine di sé completamente distorta, ma adeguata all’isolamento sociale a cui sono condannati dalle loro condizioni economiche, lavorative e familiari. La malinconia che opprime queste conversazioni – interviste, o saggi di empatia – riesce a far coincidere i confini del concetto medievale con la nostra idea di prostituzione emotiva. I pazienti, anche quelli che secondo il giornalista godono di un aspetto attraente, si vedono sfigurati dalle macchie e lesioni della dermatite, e accettano la conseguenza di consegnarsi al destino della reclusione, e si accontentano solo di ispezionare loro. ulcere stesse, alla ricerca di filamenti e micropezzi scuri. Alla conferenza di Austin il «obitorio» trovano identità nel nome proibito della loro malattia, nella censura che è dannazione e salvezza della loro comunità. Il co-riconoscimento si ferma in questa assenza o esilio, e la compresenza nella Westoak Church è una giustapposizione di solitudini che non parlano tra loro, separate dalla varietà di sintomi e credenze sulla natura dell’infezione, ma soprattutto attraverso l’introspezione di all’autoesame, dall’ossessione per specchi e lenti d’ingrandimento.

La sindrome dell’influencer

Decine, se non centinaia di migliaia di Forgellon sono stati curati dai medici con una combinazione di antinfiammatori e ansia: alcuni si sono lasciati guidare dalla terapia e sono guariti, altri sono rimasti imprigionati dalla sindrome. Tutt’altra sorte è toccata all’altra malattia, che ancora non ha un nome ufficiale nelle pagine di Jamison: la vulvodinia non è una sindrome dei disagiati, ed è stata supportata dalla testimonianza di molti influencer sui social media. La legge presentata nel 2022 in Italia al Senato si vantava di come ambasciatore Giorgia Soleri, influencer di TikTok e – all’epoca – fidanzata di Damiano Dei La luce della luna. Nei media istituzionali i pazienti vengono censiti con grandi percentuali (10%-15% del totale delle donne), senza mai citare la fonte dei dati: riferiscono sofferenze nell’area genitale, dove i medici non riescono a rintracciare un’unica causa fisiologica. . In questo caso, però, i testimoni contano e, come ricostruisce Fontana (2024), ogni sfida alla loro posizione viene stigmatizzata come una rinascita del patriarcato che ancora scuote l’inconscio della comunità scientifica. Non si può incolpare gli influencer schiacciare, la possessione fanatica che Lutero attribuiva ai contadini ribelli di Melantone (sostenitori della Riforma luterana ma oppositori dell’aristocrazia feudale con la quale Lutero aveva stretto un’alleanza politica), e che i medici fanno risalire ai morgelloniani: non possono essere accusati di non essere padroni della loro parola, di essere solo veicolo della voce dei demoni che abitano in loro. Così l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto la formazione di questa nuova identità malsana, e della comunità di cittadini che ne soffrono, e l’ha inserita nell’ICD-11, con il nome con cui i suoi pazienti si riconoscono.

Il potere di dire la verità

La comunità scientifica non è d’accordo con il Morgellons ma compatisce la vulvodinia. Nel primo caso è necessario liberare l’anima da un demone, che fissa gli individui ad immagini in grado di ambientare nella mente discorsi eretici, e dal trasformare il corpo nel teatro che lo mette in scena. Nel secondo caso ci sono i pazienti revisore paritario un discorso scientifico che, attraverso la diagnosi della malattia, contribuisce alla liberazione dell’identità femminile (e dell’intera società, che trova nella soggettività femminile la sua espressione più avanzata) dai pregiudizi del patriarcato che riappare. Jamison presenta una galleria di saggi di empatia, dove cerca di restituire a questo termine un contenuto sperimentale, una comprensione dell’altro aderendo alla sua identità, partecipando alle condizioni che danno forma alla sua individualità alla sua vita, con una pressione che è passione e patologia. Nelle sue pagine la vulvodinia viene identificata come il dolore che la tradizione occidentale infligge al corpo delle donne assegnandolo al sesso femminile: una forma di potere coesivo sociale congruente e accessibile al sistema classificatorio di potere validante della comunità scientifica. I morgelloniani sono espressione di esclusione, di un afflusso di emarginati sociali che li isola anche gli uni dagli altri: un esercizio che accompagna l’esercizio del potere scientifico per eliminare ciò che non dovrebbe appartenere alla tassonomia dell’oggettività, per rifiutare una soggettività che non ha abbastanza forza per partecipare al revisione tra pari.

O forse la vulvodinia è uno degli ultimi compromessi che le comunità internettiane cercano di stabilire con le procedure e gli operatori delle istituzioni tradizionali, aspettando che le identità modellate online non abbiano più bisogno di altro credito se non quello dell’indipendenza delle loro stesse fondazioni per vivere nella propria mondo. , sovrapposti e incompatibili, inempatici, con quelli Avere da altri.

BIBLIOGRAFIA

Agamben, Giorgio, CamereEinaudi, Torino 1979.

Fontana, Laura, Il complesso mondo delle malattie “basate su Internet”.«Contatti», 19 febbraio 2024.

Jamison, Leslie, Gli esami di empatiaGraywolf Press, Minneapolis 2021.

  • laureato in filosofia, si occupa di media digitali dal 1999: è cofondatore di Pquod e SocialGraph, società specializzate in comunicazione web e analisi dati. Contemporaneamente ha svolto attività didattica sui temi della comunicazione digitale per il Politecnico di Milano, per il Corep del Politecnico di Torino, per il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. Descrive i modelli cognitivi emergenti dei nuovi media nella monografia pubblicata nel 2010: Googlecracy. Dal febbraio 2011 ne ha visto l’evoluzione negli articoli pubblicati sui quotidiani Linkiesta, pagina99, Gli Stati Generali.

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