Perché l’astinenza… fa “bene” ai partiti, soprattutto a quelli più grandi


Negli ultimi giorni ci sono stati accorati appelli bipartisan a uscire e votare.

E diversi giornali hanno presentato con preoccupazione il (crescente) fenomeno dell’astinenza, che (secondo loro) “sconvolge i partiti”, “all’orizzonte del voto”, su cui pende “l’ascia dell’astinenza”.

Insomma, sembravano tutti terrorizzati dall’astinenza.

L’astinenza, infatti, avvantaggia i partiti, soprattutto quelli più grandi. Infatti, meno persone vanno a votare, più diventano forti.

Sembra un’affermazione assurda, un’enormità; invece (dati alla mano) è perfettamente plausibile.

Già il sociologo Niklas Luhmann, più di quarant’anni fa (Sistemi sociali, Francoforte sul Meno, Suhrkamp, ​​​​​​1984. Trad. è. Sistemi sociali. Fondamenti di teoria generale, Bologna, Il Mulino, 1990), sostiene che il consenso è strutturalmente una risorsa scarsa nelle democrazie occidentali. Quindi non valeva la pena preoccuparsi tanto di ottenerlo, perché sarebbe rimasto raro. In altre parole, si può governare molto bene… con poco consenso.

Passiamo ora ai dati.

Diversi leader di partito, nelle ultime ore, hanno esultato per aver aumentato di qualche punto percentuale. Ad esempio, nelle precedenti elezioni europee (2019) il PD aveva ottenuto il 22,74%; ora, invece, al 24,08%: un punto in più nella media. Che diventano 5 rispetto alle ultime elezioni politiche (19,04%).

Ma se guardiamo ai valori assoluti (avvertenza che viene insegnata nella prima lezione di ogni corso di statistica), scopriamo che i voti dei partiti più grandi sono diminuiti, e di molto. In altre parole, i voti diminuiscono ma le percentuali aumentano. E i politici (e i giornalisti) guardano solo a questi ultimi, dimenticando (astuzia? incredulità? ignoranza?) i primi.

Non ci credi? Dai un’occhiata alla tabella:

(Fonti dati: Elezioni europee 2019, Elezioni europee 2024, Elezioni politiche 2022)

Così può succedere che FdI perda quasi mezzo milione di voti rispetto alle politiche di due anni fa, ma risalga miracolosamente quasi del 3%. Che il Pd prende solo 250mila voti in più dei Politici ma fa un balzo del 5%; e che perde quasi mezzo milione rispetto alle precedenti europee ma sale di 1 punto e mezzo. Che Lega e Forza Italia perdono rispettivamente 340mila e 291mila voti rispetto ai Politici, ma in aumento di qualche decimo.

Questo però non accade con i partiti più piccoli (vedi +Europa), che perdono anche decimi di percentuale quando perdono voti.

Facciamo un ragionamento assurdo: se alle prossime elezioni andassero a votare solo 10 aventi diritto su 1000, e dessero 3 voti a FdI, 3 al PD, 2 al M5S, 1 alla Lega e 1 a Forza Italia , questi partiti otterranno rispettivamente il 30%, 30%, 20%, 10% e 10%, pur perdendo l’intero collegio elettorale e con l’astensione del 99%.

Perché, a differenza dei sondaggi, dove le domande “non so” sono (correttamente) escluse dalle percentuali finali – non puoi attribuire un’opinione a qualcuno che dice di non avere un’opinione – nelle elezioni questo non accade: il voto è attribuito anche a chi non vota [1].

E ciò avviene presupponendo una distribuzione omogenea (di parte) delle astensioni. Ma questo non è vero: coloro che non andranno a votare tendono ad essere le persone più critiche nei confronti del sistema politico (e non solo gli “indifferenti” o gli apatici, che potrebbero essere classificati come uguali).

Quindi non è vero che 1 vale 1. Al contrario: 1 per elettore (con alti tassi di astensione) vale molto di più. Con un’astinenza del 50% vale 2. E con un’ipotetica astinenza del 99% vale quasi 100!

In questo modo le elezioni sono (matematicamente) valide pesidi artifici, di manipolazione aritmetica.

Quindi 10 elettori (1%) contano come 100% e i 76 seggi eurodeputati sono distribuiti. In questo caso (assurdo) gli eletti sarebbero più numerosi degli elettori… cioè gli eletti non sarebbero andati a votare…

Allora è chiaro perché i partiti più grandi (quelli sopra il 10%) non hanno interesse a combattere seriamente l’astinenza. Perché anche se porta loro meno voti, ne aumenta le percentuali. E queste sono (purtroppo) quelle che contano.

Quindi chi non andrà a votare gioca (indirettamente) nelle mani dei partiti più grandi.
Perché comunque accettano il suo voto contrario…

NOTA

[1] Nei sondaggi l’astenuto equivale a irresponsabile, una persona che non ha voluto partecipare al sondaggio. In questi casi chi vota interviene in due modi: 1) con un “fondo di riserva”, cioè sostituendo chi non risponde con un altro (socio-demograficamente) simile a lei; oppure, 2) con “ponderazione”, cioè attribuendo (attraverso un coefficiente) l’opinione media di chi ha risposto (nel senso che ha preso parte all’indagine) a chi non ha risposto. Ma entrambe queste operazioni hanno dei limiti e, soprattutto, la ponderazione è sconsigliata quando il fenomeno delle mancate risposte supera il 50% (come nel caso di queste ultime elezioni europee). Per ulteriori informazioni: Gobo, G. (2015), La nuova indagine. Un approccio approfondito diversificato e interattivo, Roma, Carocci, pp. 201-202.

  • Gambietro Gobo

    Professore ordinario di Sociologia della scienza e della tecnologia presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano. Da molti anni si occupa di epistemologia e metodologia della ricerca sociale. Attualmente si dedica allo studio dei “sensi sociali” e ai dibattiti scientifici in campo sanitario. Per le sue pubblicazioni:

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