Neuroscienze e giudizio morale – Emozione e razionalità appartengono a sistemi diversi?


L’obiettivo di questo dibattito è un modello funzionante dei correlati neurali dei giudizi morali.

Nel campo delle neuroscienze (vedi i due articoli precedenti: Il libero arbitrio oltre il dibattito filosofico – Incontro con le neuroscienze e Incontro con le scienze empiriche) sono stati realizzati numerosi studi che si avvalgono di tecniche di neuroimaging funzionalmente, seguendo tre principali linee di lavoro:

  1. Studio di pazienti con danni o lesioni cerebrali e pazienti con patologie psichiatriche (“Bad brain”, Greene 2014a, 2020);
  2. Analisi della valutazione morale di determinate azioni o situazioni da parte di individui sani (“Buon cervello”, ibid.);
  3. Uno studio sui cambiamenti cerebrali durante la valutazione di dilemmi morali come enigma del carrelloAncora Dilemma della passerella e il Il dilemma di Cry Baby.

Per un contesto migliore, ecco alcune definizioni e informazioni sugli studi con pazienti con lesioni cerebrali e i tre principali dilemmi etici:

PAZIENTI CON LESIONI CEREBRALI

La ricerca su pazienti con lesioni cerebrali o patologie psichiatriche offre dati interessanti per indagare il coinvolgimento di alcune parti del cervello nello svolgimento di diverse funzioni cognitive.

Qualsiasi studio che coinvolga pazienti con lesioni cerebrali legate all’ambito del comportamento sociale non può non fare riferimento al lavoro di Antonio Damasio. La sua prima opera popolare, “L’errore di Cartesio” (1994), è una spiegazione della ricerca sulle emozioni a livello del cervello e le sue implicazioni nel processo decisionale, soprattutto nel campo del comportamento sociale. Questa ricerca è iniziata dall’osservazione di soggetti con lesioni alla corteccia prefrontale ventromediale, che mostrano comportamenti atipici soprattutto in relazione al giudizio etico e al comportamento sociale. Come sostenuto da Damasio, questi individui appaiono dotati di una “razionalità difettosa”, sebbene gli elementi convenzionalmente associati ad un buon funzionamento della ragione non siano in alcun modo compromessi. Quest’ultima comprende generalmente: memoria, attenzione, linguaggio, capacità di calcolo e capacità di ragionamento logico per problemi astratti (Damasio, 1994, pp.18-19). Il primo caso storicamente documentato di questo tipo di lesione è quello di Phineas Gage, caposquadra di un gruppo di costruttori ferroviari, vissuto in America nel corso del XIX secolo, e il cui cranio è conservato oggi a Boston, nell’Harvard Medical Warren Medical Museum. Scuola.

DILEMMA DEL TROLL

I l Il dilemma del carrello o Il dilemma del carrello, originariamente proposto da Philippa Foot nel 1967, descrive un treno che corre senza controllo su un binario dove cinque persone sono legate davanti, mentre su un altro binario c’è solo una persona legata; la questione è se sia legale tirare una leva per deviare il treno sul secondo binario e uccidere una sola persona invece di cinque. In generale, le persone tendono a considerare moralmente accettabile tirare la leva in virtù di un’analisi costi-benefici.

I protagonisti del dibattito sono tre neuroscienziati: da un lato lo psicologo americano J. Greene; dall’altro il filosofo americano Shaun Nichols e il filosofo tedesco Hanno Sauer. Si concentrano principalmente sul terzo tipo di studi.

DILEMMA DEL PIEDE

The Footbridge Dilemma è stato scritto da Judith Jarvis Thomson nel 1976 e descrive una situazione simile alla precedente ma, invece di avere la possibilità di tirare la leva, si chiede se sia legale gettare giù un uomo molto grasso su un ponte che passa sopra. il binario, che fermerebbe il treno perdendo allo stesso tempo la vita. In questo caso le persone non ritengono moralmente accettabile eseguire l’azione, anche se il risultato secondo un’analisi costi e benefici sarebbe lo stesso del problema precedente. Pertanto, i soggetti del test tendono a ritenere accettabile deviare il treno nel primo caso, ma non ritengono che sia possibile spingere l’uomo dal ponte (Songorian, 2020, p.77). Perché le persone reagiscono in modo diverso ai due scenari?

CREARE IL DILEMMA DI UN BAMBINO

C’è una formulazione Il dilemma di Cry Baby come segue: “In tempo di guerra tu e alcuni concittadini vi nascondete dai soldati nemici in un seminterrato. Il tuo bambino inizia a piangere e tu gli copri la bocca in modo che il suono non possa essere sentito. Se togli la mano il bambino piangerà, i soldati lo sentiranno, troveranno te e i tuoi compagni e uccideranno tutti, compresi te e il tuo bambino. Se non togli la mano, tuo figlio morirà soffocato. È legale soffocare tuo figlio per salvare te stesso e gli altri?


GREENE e il modello della “fotocamera” o doppio processo

Joshua Green ha dedicato gran parte del suo lavoro a indagare le ragioni del dilemma del carrello della spesa, Ponte pedonale e Piangi tesoroche sembrano avere risultati simili, suscitano risposte diverse e incoerenti nei soggetti a cui sono soggetti.

Uno dei punti chiave dell’analisi è il fatto che il dilemma presenta diversi tipi di problemi morali, che toccano diversamente l’area dei “reati personali” – crimini che comportano gravi danni fisici, a una persona specifica, per cui il danno che non è il risultato di un effetto collaterale di un’azione mirata altrove (come dire: “Ti faccio del male”) e di questioni morali impersonali – quelle che sono generalmente utili, ad esempio, un impegno meno diretto.

Greene cercò di osservare, attraverso tecniche di neuroimaging funzionale, l’attività cerebrale degli individui mentre cercavano di rispondere a questi dilemmi.

Ci sono conseguenze neuroimaging, con tempi diversi – più rapidi per problemi legati a “crimini personali” e più lenti in altri casi – e diverse aree del cervello coinvolte, Greene ha suggerito, in un parere morale, che esiste uno scollamento tra contributi affettivi e cognitivi, e che le persone tendono ad esprimere i propri giudizi morali sulla base di due diversi sistemi cerebrali, uno più emotivo e l’altro più logico. Questa differenza è confermata – secondo Greene – anche dal fatto che sembra esserci una correlazione tra i sistemi cerebrali e il tipo di giudizi che producono: le parti del cervello legate all’emozione tendono a suscitare giudizi impulsivi che sono in la forma dei giudizi deontologici, quindi giustificati in termini di diritti e doveri; le aree del cervello legate al ragionamento producono invece giudizi basati sull’analisi costi-benefici.

Quindi Green propone il modello della “fotocamera”; in analogia con le due modalità di funzionamento della fotocamera (modalità automatica e modalità manuale, ciascuna con caratteristiche più adatte ed efficaci nelle diverse situazioni); quindi l’essere umano giudica moralmente utilizzando due processi diversi, due sistemi cerebrali diversi che non possono funzionare insieme, ognuno dei quali funziona meglio in determinate circostanze.

Secondo Greene, l’analogia con la macchina fotografica può anche esprimere il trade-off tra efficienza e flessibilità di questi sistemi cognitivi: le risposte emotive sono, infatti, efficienti proprio perché intuitive, mentre le risposte razionali sono flessibili perché utilizzano il ragionamento per perseguire obiettivi a lungo termine, anticipando e pianificando i comportamenti necessari. L’autore ritiene che a sostegno dell’idea che le aree emotive siano automatiche ci sia il fatto che sono le stesse aree che presentano attività quando il cervello è a riposo o, come previsto, quando è impegnato in attività che non sono tipicamente “attenzione”. Per questi motivi, solo le azioni risultanti da giudizi razionali dovrebbero essere considerate pienamente consapevoli, volontarie e frutto di sforzo.

Teorie alternative e concorrenti: Nichols e Sauer

Shaun Nichols propone una teoria che integra il ruolo di entrambi i sistemi, basandosi su due tipi di studi empirici di base (Songorian, 2020, pp.88-95): il primo, che mira a distinguere tra norme morali e norme convenzionali, definendo come non è necessario postulare una teoria della mente per questa differenza in quanto i bambini autistici, che non hanno una buona comprensione dello stato mentale degli altri, rispondono allo stesso modo dei bambini con sviluppo tipico nei test per identificare i due tipi di croci; la seconda è quella legata ai deficit di empatia degli psicopatici.

Nichols – a differenza di Greene – ritiene che ci siano due componenti integrate che compongono il giudizio morale: un meccanismo affettivo (che si attiva quando vediamo o sappiamo che gli altri soffrono) e una teoria normativa che ci fa prevenire di danneggiare gli altri.

Inoltre, definisce teoria normativa qualsiasi insieme di regole interne che vietano determinati comportamenti e afferma che è possibile rilevare la presenza di questi elementi in tutte quelle opinioni condivise in modo universale e interculturale.

In questo modo spiega perché gli psicopatici e i bambini sotto i due anni non sono in grado di formare giudizi morali; infatti, i bambini non hanno una teoria normativa e gli psicopatici non hanno un meccanismo emotivo che si adatti a questa teoria.

Sauer sviluppa la sua idea partendo dai risultati degli esperimenti di Greene sul dilemma consensuale scottante; Secondo Sauer, il fatto che dopo un periodo di tempo sufficiente le persone trovino accettabili i fratelli e le sorelle più caldi è un’indicazione del fatto che i nostri istinti morali sono soggetti a ragionamenti razionali.

Quello di Sauer è un modello di “sfida e risposta”, in cui le intuizioni morali sono “soggette a miglioramento continuo, apprendimento eccessivo e assuefazione” (Sauer, 2017, p. 122, citato in Songhorian, 2020, p. 103).

Secondo Sauer, i nostri giudizi morali nascono da pulsioni emotive che possono essere integrate e corrette attraverso la riflessione e il ragionamento, invocati appunto in risposta a una sfida; tuttavia non sono solo il risultato di un processo evolutivo soggettivo, ma anche socio-culturale. In questo modo riesce a integrare il ruolo dell’emozione e della ragione nella cognizione morale e spiega anche il processo evolutivo dei giudizi morali.

Differenze tra le tre teorie

Le teorie di Nichols e Sauer offrono entrambe un concetto non contraddittorio di emozione e ragione, in linea anche con la tesi di Damasio, ma differiscono negli obiettivi polemici: la prima vuole mostrare che le regole morali devono essere sentimentali; la seconda percorre la strada opposta, cercando di mostrare che l’emozione ha bisogno anche del supporto del ragionamento (Songorian, 2020, pp. 102-106).

Ciò che distingue queste teorie da Greene è il fatto che gli autori in questione considerano i giudizi morali come “processi”, in una prospettiva diacronica; mentre Greene li considera stati d’animo specifici, e quindi non considera il loro carattere evolutivo, perché i valori morali cambiano nel corso della storia e perché anche gli individui possono cambiare prospettiva nei loro giudizi morali.

Conclusione

Le neuroscienze cognitive di oggi ci offrono molte possibilità per esplorare in dettaglio varie questioni filosofiche affascinanti e antiche, ma è chiaro che siamo ancora all’inizio di questo nuovo approccio e le teorie emergenti dell’ovvio devono ancora molto a una dimensione sociale. costruzione e – in alcuni casi – metafisica.

Confrontando queste tre prospettive sui giudizi morali, sembra emergere anche l’enorme disarmonia e apertura che esiste oggi in molte definizioni metallurgiche; non è certo motivo di scoraggiamento ma, al contrario, segno del fatto che c’è ampio spazio per nuove riflessioni filosofiche e sociologiche.

  • Laureato in Scienze Filosofiche all’Università degli Studi di Milano, studierà, gratuitamente o gratuitamente. Quando non studia, cerca la pace sulla costa adriatica, nutrita da sua nonna.

    Visualizza tutti gli articoli



Techno Quantico

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *